
12 Apr Quiet quitting, l’abbandono silenzioso
Quiet quitting, l’abbandono silenzioso
Quiet quitting è il nuovo fenomeno che sta investendo le aziende. Dopo la great resignation (di cui abbiamo parlato in questo articolo) c’è un altro fenomeno indicatore del disinnamoramento per il proprio lavoro. In sostanza si tratta dell’atteggiamento a eseguire il minimo indispensabile nel rigoroso rispetto della propria mansione e del proprio orario di lavoro.
Un profondo ripensamento nell’approcciare la professione. Un atteggiamento che rischia di avere un enorme impatto sulle aziende. Infatti se con la great resignation si possono, al limite, sostituire i collaboratori, il quiet quitting porta ad avere collaboratori che non dedicano pienamente le proprie energie (e tempo) alla mission aziendale. Persone poco partecipative ai nuovi progetti, poco propense a esporsi con proposte o critiche, non coinvolte nei problemi dell’azienda e ancor meno nella ricerca di soluzioni.

Quiet quitting, numeri in aumento
Secondo una ricerca di Gallup in Europa solo il 14% dei dipendenti è davvero coinvolto nella propria attività lavorativa e che appena il 33% si sente appagato. Intanto, sempre secondo Gallup, negli Stati Uniti i quiet quitter sarebbero addirittura la metà della forza lavoro. Secondo gli analisti i numeri sono destinati ad aumentare.
Le ragioni del quiet quitting
Troppo semplicistico identificare le ragioni del quiet quitting nella poca voglia d’impegnarsi delle nuove generazioni. Come per la great resgnation bisogna valutare il fenomeno con un’ottica più ampia.
Sicuramente il cambio delle priorità. Il lavoro non è più la ragione di vita e il ruolo professionale non è più l’identità della persona. Gestire meglio l’equilibrio tra vita privata e lavorativa è sicuramente un valore al giorno d’oggi imprescindibile, come la voglia di crescere. Sentire che, giorno dopo giorno, non si sta evolvendo (come conoscenze, capacità, responsabilità…) è sicuramente disincentivante. Molti intervistati hanno anche segnalato la percezione di una mancanza di scopo. Il collaboratore non comprende il perché del suo lavoro e non riesce a percepire il proprio contributo nel più ampio processo aziendale. Sentirsi un “ingranaggio” del sistema è una percezione che abbassa l’autostima e non lega certo all’ambiente che si ha intorno.
Cosa si può fare?
Sicuramente investire in comunicazione ed empatia. Comprendere le singole necessità dei collaboratori, che non significa accettarle in toto, ma prendersi il tempo per spiegare perché non possibile. Nella mia esperienza personale con decine di aziende, per chi ha voluto, si è sempre riusciti a trovare dei compromessi che aiutassero in questo senso.
Altra responsabilità dei manager è chiarire gli obiettivi e il contributo dei singoli collaboratori attraverso feedback opportuni. Dedicare un colloquio personale periodico è indispensabile alla costruzione di una relazione virtuosa. Certo che bisogna saper ascoltare senza giudizio ed essere realmente interessati a comprendere i desiderata del collaboratore.
Infine lavorare su un ambiente sano dove ognuno può mettere in campo i propri talenti, dove la collaborazione superi la competizione. Un ambiente di buone relazioni e fiducia in cui il collaboratore trova dei compagni per un viaggio gradevole. Lasciamo stare i paragoni con la famiglia, questo è un messaggio pericoloso, l’azienda non è la famiglia, sono diverse le dinamiche e le relazioni, nonché i sentimenti (e ci mancherebbe altro).

Nelle realtà dove è stato aperto uno sportello di counseling si è riusciti a contenere le dinamiche disfunzionali, promuovendo la relazione e la pacifica risoluzione dei conflitti, inoltre si è riusciti a lavorare sulla percezione del proprio ruolo in azienda e sull’identità professionale ottenendo ottimi risultati in termini di commitment e soddisfazione personale.
Il counseling sistemico è un ottimo strumento per elicitare le dinamiche nella tua azienda, valutare quelle funzionali e sostituire quelle disfunzionali. In un percorso accrescitivo che coinvolge ogni singolo collaboratore, lo motiva e lo porta a un livello superiore.
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