Ascolto attivo, l'abilita che puoi imparare - Umberto Maggesi Consulente
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Ascolto attivo, l’abilita che puoi imparare

ascolto attivo

Ascolto attivo, l’abilita che puoi imparare

Ascolto attivo e allenamento

Molti parlano di ascolto attivo. Tantissimi professionisti sono d’accordo che, l’ascolto attivo è una risorsa preziosa, ma pochi si allenano attivamente per metterlo in pratica.

Chiariamo subito che è un’abilità che puoi imparare. Qualcuno, abituato a stare con le persone, comunicare  relazionarsi, sarà facilitato. Chi è più chiuso e poco propenso a creare relazioni farà certamente più fatica. Ma la possibilità di acquisire e utilizzare gli elementi dell’ascolto attivo è per tutti.

Comunicazione e relazione

Per costruire relazioni dobbiamo comunicare… anzi la relazione è il frutto della nostra comunicazione. Per comunicazione intendo le parole, l’ascolto e i comportamenti (anche questi ultimi sono comunicazione). Ti faccio un esempio:

Sei a un colloquio con il tuo capo, stai esponendo una problematica che ti sta molto a cuore. L’altro annuisce e mugugna a intervalli più o meno regolari. Il suo sguardo va spesso allo smartphone posato sulla scrivania. Mentre continui la tua esposizione lo smartphone vibra e il tuo capo allunga lo sguardo a vedere chi è ti fa cenno di proseguire, mentre digita velocemente una risposta.

Il comportamento del tuo capo cosa comunica?

Come ti sentiresti in una situazione di questo tipo?

ascolto attivo relazione

Ascolto attivo per imparare

L’esercizio dell’ascolto attivo deve darti informazioni sul tuo interlocutore: le sue credenze e convinzioni, i suoi valori, come vede il problema, come percepisce le relazioni del team, come e da che prospettiva narra di un’esperienza positiva o negativa.

Tendenzialmente comunichiamo per dare la nostra opinione o difendere la nostra opinione. Pochi comunicano per conoscere il punto di vista dell’altro (che non significa accettarlo) per chiarire il messaggio e dipanare il non detto. Pochissimi comunicano per approfondire le emozioni dentro l’altra persona, cercare di capire come si sente. Tutto questo è ascolto attivo.

Ascolto attivo e giudizio

ascolto attivo domandeL’ascolto attivo non si occupa di giudicare. Chiariamo che la nostra mente è fatta per giudicare, un’esigenza evolutiva per la sopravvivenza. I nostri antenati dovevano giudicare (e anche velocemente) se si trovavano al cospetto di un amico o un nemico, se erano di fronte a una preda (e quindi attaccare) o un predatore (e quindi scappare).

Nel costruire relazioni (anche sul piano professionale) il giudizio non ci serve. Far sentire giudicato l’altro con un tono ironico o addirittura sarcastico, con domande invadenti e mirate a farlo sentire sbagliato (in colpa, poco efficiente, in errore…) non aiuta.

Se c’è stato un errore va benissimo cerca responsabilità e capire cosa cambiare. Cercare colpevoli da castigare è controproducente.

L’ascolto attivo è fatto di silenzi

Quando vedo due persone che discutono animatamente, dove uno dice e l’altro ribatte subito, quindi il primo risponde per le rime, allora l’altro si precipita a dire la sua e via sprofondando in un botta e risposta serrato, mi chiedo… ma questi due si stanno ascoltando?

ascolto attivo silenziSe siamo interessati davvero a comprendere ciò che l’altro ha appena detto, dovremo prenderci qualche secondo per ragionarci sopra. Se replico appena l’altro chiude la bocca, con ogni probabilità, sto comunicando qualcosa che era già dentro di me, non considerando il suo punto di vista.

Il silenzio è importantissimo nell’ascolto attivo. Mi da il tempo di elaborare. Consente di mantenere una comunicazione più lenta e pacata. Utilizzato bene aiuta l’altro a esprimere meglio i concetti a esporsi e raccontare di più.

Non sei un telepatico, fai domande

Spesso ci comportiamo come se leggessimo nella mente dell’altro. Da una comunicazione traiamo motivazioni e giudizi immediati. Tutti elementi che arrivano dalla nostra testa (dalla nostra esperienza, nostre convinzioni e nostri valori), ma quello che ci serve è dentro la testa dell’altro.

Possibile che, al sentire qualcosa, ti vengano in mente diversi motivi che hanno portato l’altro a esternare proprio quel messaggio… bene, chiedi conferma. Hai nella testa un’ipotesi, semplicemente domanda.

Non mi trovo bene nel team” Questo potrebbe essere l’esordio di un tuo collaboratore. Cosa sai del suo “non trovarsi bene”? NULLA, non sai assolutamente nulla. Potresti immaginare: non si trova emotivamente con gli altri, non si sente adeguato rispetto al team, percepisce di non ricevere collaborazione (rispetto, riconoscimento, supporto)… quante altre cose può nascondere quella frase?

“Cosa ti fa dire questo?”; “Cosa è successo?”; “Cosa dovrebbe succedere per trovarti bene nel team?”

Ecco domande per esplorare il punto di vista dell’altro, estrarre le sue aspettative e i criteri interni per “trovarsi bene” in un gruppo. Informazioni importanti che potrai utilizzare per confrontarle con quelle degli altri e conoscere meglio le dinamiche del tuo team.

ascolto attivo team

Inoltre, l’ascolto attivo, rinforza la relazione. Pensa di trovarti davanti a una persona che dimostra di essere sinceramente interessato a come vedi tu una questione. Fa domande aperte, chiede spiegazioni e specificazioni, cerca davvero di mettersi in prospettiva col tuo punto di vista. Come ti farebbe sentire? Credo molto bene.

La relazione, sia in ambito personale che professionale, si costruisce con una buona comunicazione, un’ascolto attivo non giudicante che ha come obiettivo la comprensione del punto di vista dell’altro (che, ripeto, NON significa accettarlo)

In centinaia di colloqui in azienda, nella gestione dei conflitti, nella costruzione e rafforzamento dei team, ho notato che più del 90% dei casi il problema è la comunicazione.

Con il supporto di un counselor  e mental coach puoi allenare la tua comunicazione e l’ascolto attivo, imparando e allenando strategie semplici ed efficaci per costruire solide relazioni lavorative.

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by Umberto Maggesi Tempo di lettura: 4 min