
05 Dic La motivazione negli sport minori
Non amo usare l’etichetta “sport minori”, perché credo che, nel bellissimo Mondo dello sport, non esistano discipline minori.
Eccezionalmente lo utilizzo per definire quegli sport che non hanno grandissima visibilità, poco giro di denaro e in cui, gli atleti, devono mantenersi con lavori ordinari per poter praticare la disciplina che amano.
Utilizzo il termine “sport minori” per parlare di motivazione
Un credenza comune, nello sport come nel business, è che un atleta (o un collaboratore) va motivato con premi (carota) e punizioni (bastone). Molti allenatori sono ancora fermi a questo concetto che, se nel breve termine, può dare qualche risultato; è disastroso sul lungo termine.
Bastone e carota vanno bene per gli asini!
Se vuoi ottenere un atleta dipendente dai premi e dalle punizioni, un atleta che non prende iniziative e ha sempre bisogno dello stimolo esterno per attivarsi, ecco la strada!
L’atleta si aspetterà sempre un premio alle sue fatiche, o una punizione per iniziare a muoversi. Negli anni avrà interiorizzato che questo è l’unico modo di fare sport, di spingere, migliorare e ottenere risultati.
Ginnastica Ritmica, Italia Campionessa del Mondo

Se i grossi premi aiutassero la motivazione, la nostra Nazionale di Calcio sarebbe la migliore del Mondo!
eh sì! Eppure non è così! Nel 2010 la Nazionale di Calcio Italiana non riesce a superare la Nazionale Neozelandese.
In Nuova Zelanda, il calcio, potrebbe essere visto come “sport minore” dal momento che gli atleti fanno un altro mestiere e si allenano nel tempo libero.
La motivazione è dentro ogni atleta
Per avere risultati a lungo termine bisogna promuovere la motivazione intrinseca dell’atleta. Quella fiamma che ha già dentro (altrimenti non sarebbe arrivato fin lì).
Capire cosa motiva un atleta è un’arte da apprendere per un allenatore o un preparatore. Saper cogliere i feedback che l’atleta dà è una delle abilità che aiuto ad implementare a chiunque voglia seguire degli sportivi.
La Nazionale Italiana di Qwan Ki Do agli Europei di Gandia 2018

Costruisci una relazione forte con il tuo atleta.
Quello che deve fare un allenatore o un preparatore è costruire, momento dopo momento, una relazione stretta con l’atleta. Conoscerlo al di là della prestazione fisica, nelle sue motivazioni, in ciò che vuole ottenere o ciò da cui sta scappando, nelle convinzioni su di sé, sui compagni di squadra e sugli avversari.
In questo modo potrai farti un’idea più precisa di come percepisce il Mondo e le sue dinamiche.
L’esempio degli “sport minori”.
Negli ambienti che non possono garantire passaggi televisivi, alti compensi, alta gratificazione, agli atleti rimane solo la motivazione intrinseca, quel “qualcosa” che li spinge a fare sacrifici, rinunce, diete, allenamenti intensi e prolungati.
Gli allenatori, i preparatori (o i Maestri pensando all’ambiente da cui provengo io), devono fare molta attenzione a quello che ho detto sopra. Il rischio di bornout è molto alto, ma se il lavoro è fatto bene, si può insegnare all’atleta ad automotivarsi, a mantenere e incrementare quella fiamma di passione che gli brucia dentro.
La Nazionale Neozelandese in Sud Africa nel 2010

La buona notizia è che, queste capacità, sono abilità cognitive, cioè che possono essere imparate. Allenare l’empatia, costruire strategie per comprendere cosa motiva il tuo atleta, imparare ad ascoltare le sue parole per comprendere davvero che cosa lo frena, sono abilità che con un Mental Coach sono più facili da implementare e potenziare velocemente.
Per approfondire l’argomento contattami qui.